Partita da Cape Town era diretta in Gran Bretagna. Il piroscafo armato con due cannoni e sei binati antiaerei zigzagava a luci spente. Un obiettivo militare a tutti gli effetti per gli U-boot presenti in quella vasta area equatoriale dell’oceano Atlantico. Uno di questi, l’U156, al comando del capitano Wermer Hartenstein incrociò la nave e dopo averla seguita fino al calar della notte lanciò da breve distanza due siluri: uno a prua, l’altro a mezza nave. L’operatore del Laconia inviò un immediato SOS, fornendo nome e posizione indicando con 3 SSS la presenza di un sommergibile tedesco. Nessuno rilevò né questo né il secondo messaggio ascoltati invece dal capitano del sommergibile. Alle 2115 il Laconia iniziò ad affondare lasciando a galleggiare in acqua centinaia di uomini e poche scialuppe. Hartenstein continuò a girare attorno alla scena del naufragio, con l’intenzione di catturare comandante e direttore di macchina, osservando che la maggior parte delle scialuppe per imperizia o per il panico erano finite in mare, capovolgendosi. Avvicinatosi ancora di più riuscì a sentire grida di aiuto in italiano.Raccolse due di questi naufraghi e seppe che la nave aveva a bordo un numero considerevole di prigionieri di guerra italiani. Ma seppe anche che al momento dell’esplosione dei siluri le guardie polacche, su ordine degli inglesi, avevano chiuso all’interno delle stive i prigionieri. Evitando ogni fuga. Solo dopo una lotta selvaggia con le guardie alcune decine di loro riuscirono a sfondare le grate delle gabbie nelle stive e a precipitarsi in coperta da dove si lanciarono in mare. Il comandate tedesco non aveva trasgredito a nessuna delle regole di ingaggio osservate sia da anglo americani sia tedeschi. La nave era armata, navigava a luci spente, inalberava bandiera inglese. Come prevedevano le regole della Marina tedesca, nessun naufrago doveva essere raccolto ad eccezione del comandate e del direttore di macchina della nave colpita. Hartenstein avrebbe potuto tornare ai suoi compiti lasciando al proprio destino centinaia di naufraghi. Comprese invece che la situazione avrebbe potuto degenerare con gravi conseguenze politico-militari essendo l’Italia un alleato. A Donizt descrisse esattamente l’affondamento e suggerì un «temporaneo cessate il fuoco» in quell’area. Che dopo un lungo batti e ribatti non fu approvato. Il capitano Hartenstein non fu avvertito di questa decisione. Senza attendere ordini, di sua iniziativa, contravvenendo gli ordini in vigore, trasmise in chiaro, per 3 volte in inglese, alle 6 del mattino del 13 settembre «non attaccherò alcuna nave o aereo che darà assistenza ai naufraghi del Laconia. Ho raccolto 193 uomini, in 4°52” Sud, 11°26” Ovest- sommergibile tedesco». A Freetown gli inglesi intercettarono il messaggio ma pensarono che fosse una trappola. All’alba del 15 settembre, più di due giorni dopo il naufragio, arrivò l’U-506, raggiunto nel pomeriggio dall’U-507. Il primo raccolse 132 italiani e 10 tra donne e bambini inglesi, e prese a rimorchio quattro scialuppe con circa 250 persone; il secondo prese a bordo 129 italiani, 1 ufficiale inglese, 16 bambini e 15 donne, e a rimorchio 7 lance con 330 superstiti fra cui 35 italiani. Hartenstein rimase con 131 superstiti tra cui cinque donne. Il giorno dopo Dönitz inviava questo messaggio ai suoi sommergibili: “PER IL GRUPPO LACONIA. AVVISI COLONIALI DUMONT-D’URVILLE – ANNAMITE – ARRIVERANNO PROBABILMENTE MATTINATA DEL 17.9. INCROCIATORE CLASSE GLOIRE VIENE A GRANDE VELOCITA’ DA DAKAR. QUI APPRESSO ISTRUZIONI PER CONTATTO”.Erano le navi francesi inviate per il recupero dei naufraghi. Alle 12.32 l’apparecchio americano ritornò e bombardò il sottomarino con cinque bombe: centrò una scialuppa, un’altra colpì l’U-Boot che subì avarie agli accumulatori ed al periscopio. Il quadrimotore B-24 stava sorvolando il settore nord – occidentale dell’isola di Ascensione, l’isola britannica da un mese sotto il controllo americano. La base doveva restare segreta e nessuna nave nemica o neutrale doveva avvicinarla. Quando il pilota avvistò il sommergibile in emersione circondato dai canotti dei naufraghi, chiese istruzioni precise al colonnello James A. Ronin che comandava la base a Wideawake, la AA Composite Force 8012. Questi ne discusse con il capitano Robert C. Richardson III; quindi chiesero istruzioni a Washington. Nessuna risposta. Il quadrimotore aveva perduto molto tempo in attesa di risposta e quando ricevette l’ordine «SINK SUB» – affondare il sommergibile – aveva carburante appena sufficiente per rientrare alla base.
È deludente scoprire come nella documentazione ufficiale depositata negli archivi inglesi “sull’incidente” del transatlantico Laconia – gli alleati usassero questo termine. I Governi dell’ASSE scrissero come non vi fosse cenno alla perdita di 1400 italiani prigionieri di guerra sui circa 1800 presenti sulla nave. Si menziona solo che “one thousand, six hundred people were lost with the Laconia”- 1600 persone morirono nel Laconia. Anzi, nella raccolta di documenti, resi pubblici nel 1972, non vi nulla se non le proposte di medaglie con cui insignire al merito alcuni marinai inglesi per essere stati salvati dopo 30 giorni dal naufragio. Dal 12 settembre 1942, quando il Laconia affondò colpito da due siluri tedeschi, di quel tragico evento se ne riparlerà solo a Norimberga, fine guerra, quando l’ammiraglio Dönitz sarà processato per crimini di guerra e condannato.
Poi più nulla fino al 2002.
Hartenstein ordinò di evacuare i naufraghi e, fatte tagliare le cime che trattenevano le scialuppe, s’immerse alla profondità di 60 metri. Quando, molte ore dopo riemerse, trasmise il seguente messaggio al suo comando: “HARTENSTEIN – STOP – LIBERATOR AMERICANO CI HA BOMBARDATO CINQUE VOLTE CON QUATTRO LANCE CARICHE NONOSTANTE BANDIERA CON CROCE ROSSA DI 4 METRI QUADRATI – STOP – ALTEZZA ERA DI SESSANTA METRI – STOP – I DUE PERISCOPI DANNEGGIATI – STOP – INTERRUZIONE SALVATAGGIO – STOP – TUTTI SGOMBRATI DAL PONTE – STOP – VADO A OVEST PER RIPARARE – HARTENSTEIN».
Documenti riguardanti la vicenda del Laconia degli archivi inglesi- Come si può leggere non furono disponibili fino al 1972- Sono deposizioni di due persone (Vines – Large) che sono state testimoni della vicenda e rilasciano le proprie testimonianze sull’accaduto